recensione disco umberto palazzo

Se una band incide soltanto quattro dischi in vent’anni, significa che ha scelto di non farsi trascinare dalle mode, bensì di presentare un nuovo lavoro soltanto ogni qualvolta abbia davvero delle cose da dire. Umberto Palazzo non ama inflazionare il mercato, semmai utilizza diversi moniker per diffondere i propri umori musicali, alternando l’alt-rock della propria creatura prediletta con virate instrumental tex-mex (El Santo Nada) e slanci cantautorali (l’esordio solista di due anni fa).
Il Santo Niente oggi è una formazione che guarda fortemente al presente, risultato di una costante evoluzione. Umberto è affiancato da Lorenzo Conti (chitarre), Tonino Bosco (basso) e Federico Sergente (batteria), più la presenza del sax elettrico di Sergio Pomante. Palazzo prosegue così un percorso intrapreso sin dagli anni 80 con gli Allison Run (dove militava assieme ad Amerigo Verardi), e illuminato dalla militanza nei primissimi Massimo Volume.

In “Mare tranquillitatis” si punta sullo sviluppo attento di poche tracce (sei), che vanno dai quattro minuti de “Le ragazze italiane”, brano tagliente dal piglio sicuro che diventerà senz’altro un classico, agli oltre undici di “Primo sangue”, coraggiosi, sperimentali e ricchi di digressioni strumentali che, attraversando il confine della psichedelia e poggiandosi su beat electro (simil-house) e atmosfere tribali, proiettano scene di vita di adolescenti inquieti.
L’album nella sua unitarietà rappresenta un’idea di moderno art-rock, composto da quarantuno minuti ipnotici, a tratti malsani e sensuali, fortemente debitori tanto dal kraut tedesco quanto dalla storia del Palazzo musicista. Un lavoro di così forte ricerca ed esplorazione di nuovi territori, da indurre la band a intitolarlo con il nome del tanto osservato e studiato mare lunare che ospitò il primo allunaggio compiuto dall’uomo nel 1969. Un mare desertico e pietroso che mostra sempre la propria superficie agli occhi dei terrestri.

Le prime due tracce sono quelle maggiormente legate alla tradizione del Santo Niente, dove prevale la presenza della chitarra. L’iniziale “Cristo nel cemento”, già proposta dal vivo in più occasioni, è lenta e tragica, quasi un blues dolente anti americano, ispirato al primo doloroso capitolo del romanzo di Pietro Di Donato “Christ In Concrete”.
“Le ragazze italiane” ha invece forti richiami garage ed è accompagnata da un videoclip che farà discutere: prodotto e interpretato da Anita Dadà (che ha curato anche la grafica dell’intero disco), mostra una sexy webcam girl nel bel mezzo di un’esibizione privata. Pare sia prossimamente prevista anche una versione meno casta scaricabile a pagamento.

L’egregia “Un certo tipo di problema” riporta Umberto verso lidi tipicamente Massimo Volume, sia per via del declamato, sia per lo svolgimento del testo, sia per gli intrecci chitarristici e l’andatura della batteria. Una storia notturna e minacciosa di cocaina e malavita, nella quale il ritmo diviene meccanico, basso e batteria prendono il sopravvento e l’elettronica si fonde alla perfezione con gli elementi analogici. La successiva “Maria Callas” è una ballad elettro-acustica che narra i ricordi di un travestito, in quello che rappresenta il momento più romantico e cinematografico del disco.
La conclusiva, narcotica “Sabato Simon Rodia” disegna landscape sinuosamente drammatici, così atonale e rumorista da approssimarsi a certe atmosfere dei Bachi da Pietra. Rodia è l’emigrante italo-americano, geniale dilettante e minatore semianalfabeta, che costruì le Watts Towers di Los Angeles. Eccentrico e disadattato, finì sulla copertina collage di “Sgt. Pepper’s” dei Beatles accanto a Bob Dylan e nel 2006 gli fu dedicato il film documentario “I Built The Tower”.

Oggi un disco come “Mare Tranquillitatis”, forse il più riuscito del Santo Niente, assume un significato ancora più grande, visto che tanti esordienti si ispirano ai suoni e agli atteggiamenti che Palazzo contribuì a diffondere in Italia due decenni fa.
Il Santo Niente, pur senza le affermazioni commerciali di altre formazioni coeve, resta una realtà fondamentale per comprendere l’evoluzione della scena alternativa nazionale, un progetto che nel tempo è riuscito a ritagliarsi una presenza consolidata e un ruolo assolutamente definito.

 

Agitatore di masse, nel senso che su Facebook “le spara” e ciò che ne consegue è vincolato a un ritorno di “like” davvero impressionante. Lo ricordiamo anche per aver messo in scacco la Siae; la class action da lui promossa per i diritti degli autori cosiddetti minori non è passata inosservata, tanto da smuovere giornalisti e giornali. Ma soprattutto, Umberto Palazzo è un musicista, uno di quelli che ha segnato il territorio nei fantasmagorici anni ’90, quando la musica rock – nel nostro Paese – rilevava l’unico grande fermento degno di essere chiamato con tale effettivo registro.

Ricordate “I Dischi del Mulo?”. Facevano capo alla premiata ditta Ferretti & Zamboni e annoveravano tra gli altri gruppi quali Marlene Kuntz, Ustmamò, Estasia… fino ad arrivare appunto a Umberto ovvero ’Il Santo Niente’. Ora, dopo un disco solista uscito nel 2011, c’è da incensare, “è tornato il Santo”. Lo abbiamo “evocato”.

Allora Umberto, hai finito di fare casino?

Ovviamente non ci penso proprio.

Prendiamola da lontano, queste mie non sono interviste, in verità ci facciamo due chiacchiere. Sul tuo profilo ti definisci una mina vagante nel mondo della musica rock, spiegaci.

Nel mondo della musica rock (e non) ho lavorato per trent’anni un po’ in tutti i ruoli (musicista, gestore di locali, organizzatore di concerti, dj, produttore, fonico, insegnante al conservatorio e in corsi professionali, direttore di produzione, backliner) quindi ho una visione particolarmente dettagliata della faccenda e dei suoi ingranaggi e quello che so non me lo tengo per me, quindi sono spesso critico in maniera più incisiva che altri.

Com’è finita la class action?

L’Europa sta per varare una legislazione unitaria sul diritto d’autore e anche in Italia potrebbe cambiare il piano normativo, quindi, se questo accadesse, l’azione decadrebbe. Bisogna aspettare.

Senti, parliamo della tua roccaforte su Facebook, hai un seguito impressionante

E’ del tutto casuale, sul profilo principale ci sono quasi tremila richieste in attesa, ma non è una cosa che ho voluto io. Le persone mi cercano, qualcuno anche per insultarmi, va detto.

Agitatore, provocatore oppure semplicemente persona intelligente?

Diciamo libero pensatore, magari non sono così intelligente, ma almeno penso sempre con la mia testa.

A volte … rompi anche i coglioni, possiamo dirlo?

E’ un effetto collaterale del pensare sempre con la propria testa e non dare nulla per scontato. I luoghi comuni sono rilassanti, ma a volte sono basati su premesse false o su passaggi non logici. Metterli in discussione genera fastidio, che è una buona cosa: un pensiero nuovo che sta nascendo crea sempre disagio.

Qualcuno dice: Artista serio e preparato ma rosicone, sulla questione mi pare tu abbia espresso un chiaro parere.

Secondo qualcuno gli artisti non dovrebbero parlare della cosa che gli sta più a cuore, cioè dell’arte. Io non solo penso di avere il diritto di dire che un’opera non mi piace o un’operazione non mi convince, ma credo di averne anche il dovere estetico, proprio perché sono un artista. L’arte è una questione di bellezza. Se una cosa la trovo brutta lo dico, soprattutto se la maggioranza dice che è bella. Ma poi chi mi dà del rosicone fa finta di non vedere che spingo in continuazione cose che mi piacciono e che mi sbatto un sacco per molti miei colleghi. Comunque in genere si tratta di fan acritici nei confronti dei loro idoli che si irritano perché metto in discussione i loro articoli di fede. Poi possiamo parlare anche di quelli che “scopano di più”.

Eppure le tue esternazioni – se lette con attenzione – rivelano sempre una chiarezza d’intenti inequivocabile.

Prima di parlare ci penso parecchio, sono una persona estremamente razionale e pratica. Non sopporto quelli che vanno “a sentimento”.

Mixiamo… Le reunion sono un atto dovuto alla musica oppure sono l’ultima esile risorsa di un genere musicale – il rock – morto e sepolto?

Il rock in Italia è morto. Non nel mondo, ma in Italia è una faccenda di vent’anni fa e il rock di vent’ani fa è da museo, non interessa ai ragazzi. Fuori dei nostri confini succede di tutto, ma qui arriva solo una debole eco, filtrata in base alle esigenze di chi tira i fili del gusto, che non è una cosa che si crea autonomamente, ma viene creato da chi fa comunicazione nel settore. Il gusto nel settore musicale in Italia è quanto di più provinciale si possa trovare nel mondo occidentale. Ora s’incazzeranno tutti, ma lo faranno “a sentimento”, senza aver prima guardato i cartelloni dei festival internazionali dove le nostre più grandi band non passano neanche per ipotesi.

E quindi qual è il senso della vostra reunion?

Il Santo Niente non si è mai sciolto. Il Santo Niente ha delle difficolta economiche ad avere una produzione costante, ma non ricordo di averne mai annunciato in un qualsiasi momento lo scioglimento. Ogni tanto mi devo fermare perché non ho fondi e tempo per mandarlo avanti. Ovviamente è un’attività se non in perdita al massimo in pareggio, se non si fosse capito.

Parliamo del disco, o meglio delle recensioni finora uscite. Sembra di capire che sia stato dalle maggiori testate favorevolmente accolto.

Sì, mediamente bene, recensioni sul sette come altri novecento dischi all’anno, ma nessuna intervista e nessun articolo. Una dignitosa invisibilità, diciamo. Per fortuna c’è Internet.

Ma c’è anche chi ne ha parlato male…

Certo, credo che un terzo delle recensioni online siano mezze o complete stroncature.

Chessò, che cosa vorresti dire “al giornalista qualunque” riguardo la sua recensione?

No, non discuto mai le recensioni negative. Una volta ho fatto però l’errore di postarne una, senza criticarla per altro. Non lo farò mai più: i responsabili ne hanno approfittato per creare una polemica che io non volevo che gli ha portato molti click. Perché la rete funziona a click e questo molti non lo sanno.

Qual è stata secondo il tuo parere quella più centrata ma anche quella più errata?

Non c’è un’interpretazione autentica da sostenere, vanno bene tutte, anche le più sbagliate

Recensisci ora tu il disco, devi però essere onesto.

Io adoro “Mare Tranquillitatis”, faccio uscire dischi solo quando ne sono entusiasta, perché nessuno mi può dare delle scadenze, né mi passa anticipi.

Vuoi che ti dica il mio parere?

Umberto: Certo che sì.

Marco: Lo ritengo un disco datato è per questo che funziona.

Facciamo un passo indietro e torniamo ai tempi del consorzio suonatori indipendenti: qualche ricordo.

Facevamo la fame.

Possibile al giorno d’oggi immaginare una situazione come quella?

Fare la fame? Niente di più facile. Scherzi a parte non esistono più budget che lo possano permettere, perché si vende meno di un quinto dei dischi che si vendevano all’epoca

Nella musica tutti copiano tutti a cominciare dai giornalisti che scrivono recensioni zeppe di metafore e citazioni i cui contenuti lasciano il tempo che trovano: “Quello assomiglia a questo, questo assomiglia a quello” non se ne può più. Io per primo non ne scrivo più altrimenti finisco in quell’ingranaggio.

E’ giusto fare dei paragoni, tutti gli artisti hanno qualche fonte d’ispirazione e la creazione è un processo evolutivo lento. Il problema è che il 99 per cento dei paragoni non sono calzanti. Per qualche motivo il critico musicale, a differenza di quello letterario o cinematografico, pensa di poter avere una conoscenza limitata per genere o periodo storico e poter giudicare in base a quella. Non ho mai sentito parlare invece di critici cinematografici che non conoscano il cinema di Kubrick e critici letterari che non abbiano letto Dante.

Mi viene in mente Zappa… sai, no, quello che diceva?

UmbertoQuella frase dell’architettura? Non è di Frank Zappa e comunque non sono d’accordo. Parlare della musica è fondamentale, anzi se ne parla troppo poco secondo me. In effetti nelle recensioni spesso si parla di tutto tranne che di musica. La musica, se non è pura esecuzione, è un sistema di idee, che si possono decodificare e spiegare avendone i mezzi. Il problema è che la maggior parte dei giornalisti non capiscono quali siano le idee che ci sono nei dischi e si fermano alla superficie.

Marco: No mi riferivo a quell’altra che disse: “Buona parte del giornalismo rock è fatta da gente che non sa scrivere che intervista gente che non sa parlare per gente che non sa leggere”.

Progetti futuri? Siamo alla fine Umberto…

Subito un altro disco da solista e un altro con la band. Soprattutto ci tengo a far crescere questo Santo Niente, che è formato da Tonino Bosco, Federico Sergente e Lorenzo Conti, musicisti giovani e dalle grandi potenzialità.

È ora di salutarsi. Non prima di avermi detto i tuoi dischi dell’anno, italiani e non.

The Next Day di David Bowie e per gli italiani Still Smiling di Teho Tehardo e Blixa Bargeld

Fuori le tue nove.

Eccole!

9 canzoni 9 di … Umberto Palazzo

Lato A

Remember to Remember • Jester at Work

Defenestrazioni • Teho Tehard & Blixa Bargeld

Men of Good Fortune • Lou Reed

How Does the Grass Grow • David Bowie

Lato B

Swim and Sleep • Unknown Mortal orchestra

Sheik • ZZ Top

Stoned Starving • Parquet Court

Ores and Minerals • Mazes           

Latch • Disclosure

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